Ci sono un paio di cose che andrebbero dette sul giornalismo, sul fare informazione in Rete, oggi. La prima è che la linea che delimita il concetto di “informazione” da quello di “comunicazione” si è fatta sempre più sottile: oggi è complicato per me, che ci sono dentro, distinguerlo – figuriamoci per chi non c’è dentro, ma sente comunque il bisogno di pontificare al riguardo.
La seconda è che non ci sono più i soldi per fare giornalismo.
Quello che non c’è sono i soldi. I capitali. Gli investitori. Gli unici introiti sono quelli derivanti dalla pubblicità, non troverete un benefattore che decida di fare l’editore in perdita. E la pubblicità tabellare, i banner, non funziona più da un pezzo: l’unica cosa che crei remunerazione tale da consentire di andare avanti sono i progetti speciali di comunicazione, semplice o integrata, che si spargono in giro per siti e social come una pozza d’acqua che si allarga sempre di più.
Ho avuto a che fare con molti interlocutori lato vendite nella mia vita: i peggiori di tutti erano quelli che volevano fare i furbi, e quindi niente distinzione tra quello che è pagato e quello che è farina del tuo sacco.
Una roba che quando ti beccano (non se, quando) perdi ogni credibilità.
E infatti.
Poi ci sono realtà, e al momento deo gratia sono in una così, in cui tutto deve essere sempre chiaro: e possibilmente evitiamo le zozzerie quelle che fanno solo casino. Non sempre ci si riesce, ma l’intenzione è sempre evitare il compromesso al ribasso.
Tutto questo per dire che: quelli che in questi giorni si stanno affannando a dire che cos’è giornalismo, che cos’è giornalismo d’inchiesta, che cos’è comunicazione, come si dovrebbe fare, nella stragrande maggioranza dei casi non sanno di cosa parlano e non hanno la minima idea di come funzioni questo mondo. Ora non voglio fare il Michele Apicella dei poveri, ma sarebbe buona pratica non parlare di cose che non conosci.
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Tanto più che per fare certi lavori, con un grado di credibilità e autorevolezza superiore a quella di un cactus, ci vuole tempo, persone, denaro, risorse. E ancora: il metodo Report, quello in cui si parte da una tesi precostituita e si fa di tutto per dimostrarla (pure piegando a proprio piacimento i riscontri) non è giornalismo e soprattutto non è giornalismo di inchiesta. È altro.
Dopo di che, se avete idee geniali per tenere in piedi un progetto di comunicazione e giornalismo, fatevi sotto. Però non stupitevi se qualcuno, il sottoscritto, vi risponderà “ah coso, guarda che ‘sta roba c’abbiamo già provato e non funziona”.