Antico proverbio klingon

“All of our 5G [hardware] is now America-free,” Huawei cybersecurity official John Suffolk told the Journal. “We would like to continue using American components. It’s good for American industry. It’s good for Huawei. That has been taken out of our hands.”

Huawei’s Latest Smartphones, Network Gear are “America-Free”

Secondo me Donald non ci aveva pensato a questa possibilità.
200 milioni di smartphone l’anno (più tutti i dispositivi di rete) “America Free”.

L’errore di Sacha

L’intervento del celebre attore, sceneggiatore e regista non è un brutto intervento. A me i film di Sacha Baron Cohen sono piaciuti (quasi tutti, Bruno era moscetto) e gli riconosco il valore della sua satira sociale.

Quello che non condivido affatto di Sacha è il suo appello populista a rendere i social, e in generale i service provider direi (la distinzione non la fa, mi prendo la briga di estendere il concetto), responsabili per il contenuto pubblicato dagli utenti. È una scemenza colossale perché non dice come i social dovrebbero controllare la qualità dei contenuti inserita e pubblicata dagli utenti.

È possibile operare un controllo preventivo: costa, in termini economici e di personale impiegato, tantissimo. Più di quanto è ragionevole, anche considerando il fatto che stanno aumentando costantemente il numero di cittadini connessi e iscritti a queste piattaforme, e la quantità di materiale che pubblichiamo.

Fonte: https://www.domo.com/learn/data-never-sleeps-7

Sareste pronti ad aspettare 1 settimana, o 1 mese, per vedere i vostri contenuti approvati e pubblicati? Non credo. Si perderebbe anche il senso dei social media. L’alternativa sarebbe implementare un sistema automatico di filtraggio: ma programmato da chi? E con quali principi etici? Principi etici a stelle e strisce o europei?

L’alternativa è normare pesantemente il settore.
In bocca al lupo.
Mettiamo il caso che si riesca a mettere d’accordo i due lati dell’Atlantico, USA e UE normano in modo concorde: se la Cina, l’India e il resto del mondo non seguissero le stesse linee guida ci sarebbe solo da ridere.

Sacha non è animato da intenzioni sbagliate, ma è solo l’ennesima voce che arriva a parlare e sparare sentenze su temi di cui noi addetti ai lavori ci occupiamo da anni e anni e che non hanno soluzioni semplici. La proposta di Baron Cohen di lasciare ai politici eletti la decisione su come gestire questo mondo è miope: i politici eletti, per ragioni che sono anche corrette e che sono legate a come si scrivono le leggi, si muovono a un ritmo che non può essere quello di sviluppo della tecnologia.

Il discorso di Sacha Baron Cohen è molto eloquente.
Ma è solo l’ennesima “random opionion” (così dice lui) gettata nel calderone di un dibattito tra sordi. Non è vero che siccome Google ha assunto i “best engineers in the world” può risolvere questo problema: è una banalizzazione davvero avvilente questa.
Soprattutto, Baron Cohen probabilmente parla a una platea molto sensibile al concetto del giornalismo autorevole “vecchio stampo”: nessuna delle soluzioni da lui paventata risolverebbe però il problema di come tenere in vita il giornalismo.

Davvero, di un altro papa nero non sentivamo il bisogno.

Non sono ricco, non faccio il dentista (di streaming, TV e altre piacevolezze)

Facciamo due conti.

Se vuoi Sky con il pacchetto completo ti costa circa 80 euro al mese.

DAZN se hai Sky da più di 3 anni è gratis, facciamo che non lo paghiamo.

Se vuoi Netflix col 4K sono 16 euro al mese.

Ti piace la musica? Spotify parte da 10 euro al mese, ma se hai una famiglia sono 15.

Poi c’è il nuovo AppleTV+, 5 euro al mese.

Disney+ arriva nel 2020, ma diciamo che se resta in linea coi prezzi USA saranno circa 7 euro.

HBO Max arriva nel 2020, non abbiamo idea del pricing ancora.

Prime Video di Amazon è compreso nel Prime per le spedizioni.

TIM Vision pure è compreso in alcune connessioni TIM, quindi mandiamola in cavalleria.

Ho dimenticato qualcosa?
Già così siamo a 120 euro, arrotondando: a questo totale devi aggiungere pure il costo della fibra, facciamo 30 euro al mese. Totale: 150 euro al mese.

Ho sempre detto che quando mi sarei potuto permettere i contenuti li avrei pagati tutti, però così diventa complicato. Non sono ricco, non faccio il dentista (cit).

Comma 22

Voglio migrare la mia fibra in rete rigida, ormai sempre più scarsa, alla nuova FTTH che è disponibile da qualche mese in cortile.

Vado sul sito di TIM, scelgo l’opzione per chi è già cliente, inizio la procedura.

A un certo punto dovrei cliccare su prosegui: lo faccio e non succede niente.

Vedete lì accanto la scritta “hai bisogno di aiuto?”: sì, ho bisogno di aiuto. Allora inserisco il mio numero, clicco, mi chiama immediatamente una molto gentile operatrice che mi chiede che tipo di problema io abbia. Quando glielo spiego mi blocca: “Signore, per questo tipo di problemi deve chiamare il 187”.

Volta la carta

Della vicenda tra Huawei contro gli Stati Uniti, o forse sarebbe meglio dire che sono gli Usa a essere contro Huawei, mi pare che due punti siano particolarmente significativi.

Il primo è relativo al fatto che una questione di politica internazionale vede schierata una nazione, una grande nazione democratica e liberale, contro un’azienda privata. Il Governo cinese fin qui è rimasto, credo giustamente, molto abbottonato sulla questione: è indubbio che dietro le quinte si stiano muovendo molte cose, ma è altrettanto vero che se la Cina si schierasse apertamente al fianco della sua azienda l’intera vicenda potrebbe arenarsi sullo stallo attuale.

La seconda questione, che ho già esposto in modo più o meno esplicito anche in qualche articolo, è che di fatto Google sta agendo per nome e per conto degli USA come un braccio esecutivo di un atto amministrativo di ispirazione politica.
Detto in altre parole: non esiste alcun motivo dimostrato per il quale Huawei costituisca un concreto pericolo per la “sicurezza nazionale” degli Stati Uniti, nessuno si è preso la briga di mostrare pubblicamente alcuna prova a sostegno di questa che più che una tesi è un’ipotesi.
Costringendo Google, e molte altre aziende, a interrompere i propri rapporti commerciali con Huawei si è prodotta una distorsione del mercato i cui effetti vanno a detrimento soprattutto dei consumatori europei.

In tutto questo, il braccio di ferro tra Trump e Pechino ha colpito un’azienda che fino a ieri era in lotta per il primato nel mondo degli smartphone, e che vantava un primato indiscusso in quello delle infrastrutture di rete. Colpirla serve a scombinare le carte soprattutto in quest’ultimo settore: Huawei ha sviluppato pezzi fondamentali del 5G, e gli USA si illudono che tagliarla fuori da quella corsa possa consentire loro di recuperare il terreno perduto.
Si illudono, appunto.

In ogni caso, a mio giudizio il punto più grave di tutta la faccenda è che siamo finiti a discutere di una questione che mi ha fatto tornare alla mente quanto accadeva negli anni ’80 con le licenze per processore: quelle che sono costate a Microsoft una condanna da parte dell’antitrust USA. Qualcuno, un privato, provò a sovvertire il mercato imponendo condizioni capestro ai produttori OEM: scoperto fu punito, ma a quel punto il dado era stato tratto per il mercato dei sistemi operativi desktop.

Quanto stiamo vivendo oggi è senza dubbio diverso: abbiamo visto sorgere e tramontare l’epoca di Symbian, iOS è sembrato poter fare piazza pulita di tutto ma poi è arrivato Android. Oggi certo la montagna da scalare è alta, ma Huawei ieri ha fatto capire che di fondi da investire in questa sfida ne ha (ha sfoderato 1 miliardo di dollari sull’unghia, buttato lì alla fine di un keynote tra i più surreali degli ultimi anni): in più non ha azionisti e Borsa a cui rendere conto. Infine ha come potenziali alleati tutte le altre aziende cinesi (Oppo, Xiaomi, Blu) che da un giorno all’altro si potrebbero trovare messe all’indice come già capitato a Huawei.

Secondo me in tutta questa vicenda non è stata scritta l’ultima parola.
Anzi.
E, paradossalmente, immaginate un mondo della tecnologia in cui la massa critica degli utenti cinesi e dei clienti Huawei sovverte il rapporto di forza e impone sul trono degli OS mobile HarmonyOS al posto di Android: a quel punto gli USA si ritroverebbero con un problema più grosso di quando hanno iniziato questa guerra. Con in mano al nemico cinese, un nemico più economico che politico (ma ha senso ormai fare questa distinzione?), sia la tecnologia dell’infrastruttura che quella dei device mobile.